La sua intenzione era chiara: mettere in discussione la decisione del governo di classificare il cannabidiolo (CBD) come stupefacente, mettendo così in discussione il suo status di “cannabis light”.
Santori ha esordito mostrando i due barattoli con enfasi, dichiarando: “Questo è un vasetto di pesto di una rinomata marca italiana, e questo è un vasetto di infiorescenze di CBD di un’altra affermata marca italiana.” Ha sottolineato che entrambe le aziende produttrici dei vasetti sono in regola con il pagamento delle tasse e possiedono una partita IVA, dimostrando il loro impegno nel rispettare le leggi fiscali e contribuire all’economia.
In un colpo provocatorio, Santori ha sottolineato che entrambi i prodotti presentano rischi per la salute. Ha puntato il dito sul vasetto di pesto, sottolineando che l’etichetta avverte che potrebbe contenere tracce di frutta con guscio, una potenziale minaccia per le persone allergiche che potrebbe rivelarsi mortale. Ha quindi confrontato questa situazione con gli zuccheri presenti nel pesto, che potrebbero rappresentare un pericolo per le persone diabetiche.
Questo confronto insolito tra un prodotto alimentare tradizionale e le infiorescenze di CBD ha scatenato un acceso dibattito sia tra i consiglieri comunali che tra i consumatori interessati a entrambi gli argomenti. Molti si sono chiesti se fosse giusto paragonare il pesto, un prodotto alimentare ampiamente consumato, alle infiorescenze di CBD, il cui status giuridico è oggetto di discussione.
Le parole di Santori sollevano importanti domande sulla regolamentazione del CBD in Italia e sull’equilibrio tra libertà individuale e sicurezza del consumatore. Questo episodio ha sicuramente acceso i riflettori sul tema, portando i consumatori di CBD a riflettere sulle possibili implicazioni per la loro salute e sulle decisioni politiche che influenzano il settore. Sarà interessante vedere come questa discussione si evolverà nei prossimi mesi e come influenzerà la percezione e la regolamentazione del CBD nel paese.
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