La parte incriminata recita: “Nella tabella dei medicinali, sezione B, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, è inserita, secondo l’ordine alfabetico, la seguente categoria di sostanze: composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis.”
Secondo l’interpretazione generale di settore la norma sembra riferirsi esclusivamente agli estratti e non alle infiorescenze. In secondo luogo gli oli a base di CBD sono stati inseriti nella tabella B, sezione medicinali, ma non nella tabella II, quella in cui è inserito il THC. In questo senso si potrebbe interpretare il decreto come: i prodotti al CBD non considerati farmaci, non possono fare riferimento a quella tabella. Infiorescenze ed anche i prodotti (es. gli integratori per gli sportivi, l’olio al CBD per uso non medicale ecc..) al CBD, considerati “non farmaci”, potrebbero non essere inclusi in questa norma.
Marcello Minenna, direttore generale delle Dogane e del Monopoli, ha infatti chiesto ai rappresentanti degli esercizi di vicinato, delle farmacie e delle parafarmacie, di autocertificare l’impegno a non commercializzare o detenere foglie, infiorescenze, oli, resine, o altri prodotti contenenti sostanze derivate dalla canapa sativa.
Questo è il parere preliminare dato dalla Commissione Europea, la cui decisione finale è attesa a dicembre. Questo potrebbe davvero porre fine al commercio di cannabis light così come lo abbiamo conosciuto in questi ultimi anni.
Continuano le vicissitudini di questo principio attivo, la cui libertà potrebbe essere definitivamente messa a rischio, come la diffusione stessa della canapa, a causa delle vetuste e anacronistiche norme del proibizionismo.
Aggiornamento 29 ottobre.
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