Ad oggi in Italia, nonostante gli attuali disincentivi derivati da cattive interpretazioni sulla coltivazione della cannabis “legale” (light), l’esplosione del fenomeno non accenna a fermarsi. Nel maggio del 2017, a seguito dell’introduzione della L. 242/2016, è stato rilevato un enorme incremento della produzione e della vendita di infiorescenze di Cannabis sativa a basso contenuto di THC: tale dato non ha fatto altro che stimolare l’interesse verso questa coltura erbacea, creando un fermento tra gli agricoltori italiani che ad oggi faticano a trovare produzioni principali remunerative. Infatti lo scenario attuale risulta essere sempre più indirizzato verso coltivazioni secondarie, finalizzate a coprire i soli costi di produzione aziendale che, in virtù di diversi motivi, diventano sempre meno sostenibili a causa della spietata concorrenza dei mercati esteri dove l’incidenza del costo della manodopera è pressoché nulla.
Il presente articolo vuole essere di supporto alle numerose aziende agricole di nuova costituzione che si vogliono approcciare per la prima volta alla coltivazione della canapa (ai sensi della L. 242/2016). Di seguito verranno riportate le considerazioni di diverse aziende agricole insistenti nel panorama siciliano e l’esperienza tecnica di un agronomo che parlerà della coltivazione della coltura erbacea.
La prima scelta da intraprendere è quella relativa alla tipologia di canapa da coltivare; la scelta deve ricadere su semi di varietà dioiche in quanto, volendo produrre quasi esclusivamente infiorescenze, l’unico modo per avere individui privi di semi risulta essere quello di scegliere piante dioiche. Se si utilizzassero piante monoiche, che sviluppano fiori maschili e femminili sulla stessa pianta, alla fine del periodo di produzione si ricaverebbero infiorescenze piene di semi di qualità inferiore ai fini del commercio delle sole infiorescenze. Le specie monoiche, comunque, riscontrano notevole interesse da parte degli agricoltori per altri fini quali, in via esemplificativa, l’uso alimentare (maggior incremento), tessile, bioedilizia ed estrazioni.
La scelta varietale ricade esclusivamente tra quelle ammesse e iscritte al Catalogo comune delle varietà delle specie di piante agricole, ai sensi dell’articolo 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002. Le varietà italiane sono tra le migliori perché presentano un alto contenuto di CBD e sono abbastanza stabili per il contenuto di THC. Eletta campana, Carmagnola, Carmagnola selezionata e Fibranova sono solo alcuni dei nomi di ciò che oggi il panorama nazionale offre.
Invero, esistono anche altre varietà e/o ecotipi che non si trovano facilmente in commercio, in quanto le aziende che producono il seme fino ad ora non hanno mai pensato alla loro moltiplicazione soprattutto in virtù della scarsa richiesta degli anni precedenti. Oggi quelle stesse aziende si stanno adoperando e attrezzando per ottenere licenze al fine di produrre seme certificato da immettere in commercio.
Per ciò che riguarda l’orientamento internazionale, le varietà disponibili che possono essere consigliate a chi volesse intraprendere tale attività, sono rumene o ungheresi (Kompolti, Tiborszallasi, Antal o Silvana). Tra le varietà particolarmente indicate per ambienti che non sia eccessivamente caldi (di difficile attuazione nel Sud Italia) si menzionano la finlandese Finola e la francese Santhica.
Come altre piante erbacee la canapa predilige un terreno profondo, ben arieggiato e particolarmente dotato in sostanza organica per favorire una buona crescita. I terreni migliori, come detto in precedenza, sono quelli profondi, dove le radici possono tranquillamente approfondirsi ed esplorare spazio alla ricerca di nutrienti, ma sono soprattutto i terreni privi di fenomeni abiotici deleteri come il ristagno idrico. L’apparato epigeo della canapa è di tipo fittonante: riesce a scendere in profondità e a sopperire, quindi, alla carenza idrica in virtù della notevole capacità esplorativa delle proprie radici. Una volta che la piantina è affrancata ed ha sviluppato bene la radice si può approvvigionare di acqua anche in assenza di precipitazioni o irrigazioni artificiali, ispezionando strati di suolo profondi.
Le classiche preparazioni della buona pratica agricola riguardano anche la canapa: in genere si provvede ad effettuare una lavorazione principale a circa 30-40 cm di profondità in modo tale da decompattare il substrato e poi si effettua una lavorazione di rifinitura che corrisponde alla fresatura di pochi cm di suolo al fine di accogliere il seme nelle fasi iniziali di emergenza. La semina della coltivazione della cannabis può essere effettuata manualmente o meccanicamente impiegando seminatrici di precisione che dosano una quantità di seme per metro quadro stabilita.
La tecnica migliore in base alle esperienze apprese in diverse aziende, riguarda il trapianto delle giovani plantule affrancate in pieno campo dopo che le stesse sono state seminate e fatte germinare in terra o in vivaio. La semina in vivaio, ovviamente, determina un prodotto di qualità superiore in quanto vi è un maggior controllo che riguarda la competizione per lo spazio delle malerbe infestanti.
In zone dal clima fresco e piovoso, l’irrigazione artificiale non risulta necessaria. Mentre in zone del Sud Italia, con temperature alte e le precipitazioni di basso o nullo rilievo, si rischierebbe di andare incontro a stress o moria e conseguentemente, di non portare a termine il ciclo della pianta. Ad ogni modo le esperienze maturate portano a suggerire, comunque, di essere attrezzati ad effettuare apporti idrici esterni, in quanto la canapa da fiore, essendo una coltura ad alto reddito, reagisce molto bene ad input irrigui artificiali manifestando delle caratteristiche qualitative superiori (per i vari mercati di riferimento) se ben irrigata.
Nella coltivazione della cannabis la necessità e/o la scelta del fertilizzante adatto dipendono principalmente dalla natura e dal tipo di substrato di radicazione. Un corretto piano di gestione della nutrizione passa sia dal tipo di suolo ma anche dalle condizioni termopluviometriche e, infine, dalle asportazioni tipiche della coltura di riferimento. A fine ciclo vegetativo la quantità di biomassa asportata (e conseguentemente di elementi nutritivi) andrà compensata con apporti di concimi esterni. Ad ogni modo si fa presente che la canapa spp. non è una pianta depauperatrice dei suoli; i molti residui colturali al suolo a fine ciclo vegetativo determinano un aumento del quantitativo di sostanza organica.
L’ausilio di analisi chimico-fisiche del suolo determinerebbe la scelta delle corrette pratiche di concimazione mirate agli obiettivi che ci si è prefissati. Si apporterebbero gli elementi di cui la pianta ha bisogno con notevoli vantaggi dal punto qualitativo e quantitativo. In considerazione del fatto che l’azoto è un elemento mobile nella soluzione circolante, che rischia seriamente di essere lisciviato anche in assenza di piogge, si consiglia di impiegare fertilizzanti semplici azotati solo per la produzione di foglie, il fosforo in fase iniziale per stimolare la radicazione ed il potassio in fase di pre-stress per accumulare le sostanze di riserva utili alla pianta per superare periodi particolarmente difficili. L’impiego di concimi ternari complessi a cessione programmata consentirebbe di effettuare quanto fino ad ora asserito in un’unica soluzione.
L’infiorescenza è da raccogliere nella fase di massimo sviluppo della pianta: tale fase coincide con la maturazione fisiologica ove risulta presente il massimo numero di tricomi e di sostanze come cannabinoidi e terpeni. In Italia in genere il periodo più adatto è settembre perché la pianta va in fioritura a luglio completando il ciclo in un mese circa (in genere tra metà agosto e settembre).
La raccolta del fiore ha come obiettivo l’estrazione a livello industriale (canapa tessile o da fibra, da seme, etc.): si può procedere con delle macchine anche se il fiore della canapa “legale” (o light) va raccolto a mano (i macchinari possono essere impiegati in seguito per la successiva pulizia del fiore, il cosiddetto “trimming”).
Molto importante, quindi, è la fase di raccolta, pulizia ed essiccazione, al fine di non rovinare il fiore in quanto le infiorescenze risultano essere molto appetibili nel mercato della canapa light. L’essiccazione deve avvenire a basse temperature (specialmente se la raccolta è manuale). Questa avviene in stanze con umidità e temperatura controllata, senza esposizione diretta alla luce solare, per evitare perdita eccessiva di acqua o la creazione di muffe oppure ancora la degradazione dei cannabinoidi o dei sapori.
Sul versante industriale tutto assume una dimensione maggiore: per l’estrazione industriale ci sono delle macchine che possono essere utilizzate con alcune modifiche (parliamo di mietitrebbie adattate o macchine mirate alla raccolta del fiore e delle biomasse). Il trebbiato sarà molto umido per cui saranno necessari dei grandi essiccatoi professionali per abbassare subito l’umidità ed evitare lo sviluppo di muffe e/o fenomeni fermentativi.
Per ciò che concerne la produzione bisogna effettuare una distinzione in base alle diverse tipologie di colture da andare ad effettuare.
Per la produzione di fibra, nella coltivazione della cannabis si consiglia di piantare i semi con una distanza di 15-20 cm tra le file, in modo da ottenere 100 piante/mq a fine ciclo di vegetazione. Dai dati statistici ottenuti in alcuni anni di attività, le aziende agricole attive nel territorio siciliano hanno ottenuto in media 28-32 t/ha di biomassa dalle semine effettuate secondo le modalità sopra esposte.
Per ciò che concerne le infiorescenze, la produzione varia in base al numero di piante che si mettono a metro quadro. In genere si distribuiscono da 1 a 2 semi per metro quadro in relazione al tipo di coltivo che si decide di effettuare. La densità consigliata in “outdoor” (pieno campo) risulta essere di 1 pianta ogni 20 cm in file distanti 20 cm l’una dall’altra. Con le varietà attualmente disponibili sul mercato e con le corrette pratiche di coltivazione si ottengono circa 80/160 t/ha di prodotto secco (500/1000 g a pianta – tronco, infiorescenze e fogliame e in media 600 g di infiorescenze).
Dipende da diverse variabili, in primis dal canale commerciale. Le ultime sentenze in tema di canapa sicuramente non hanno favorito e non favoriscono lo sviluppo di canali commerciali. Ciononostante la commercializzazione e i negozi sono ancora attivi, essendo questo un mercato molto appetibile e remunerativo. Attualmente il mercato necessita di prodotto anche se di una quantità ancora limitata.
Considerato il boom di aziende agricole che si sono affacciate alla coltivazione della cannabis ciò che sicuramente verrà premiato nei prossimi anni, sarà un prodotto di qualità certificata.
Nel 2018 la forbice del mercato parlava di prezzi che variavano dai 200 €/kg (per il prodotto più scarso con i semi) fino a 400-500 €/kg per un prodotto di qualità che realizzato magari in piccoli appezzamenti raggiungerebbe anche la cifra di 2000 €/kg. I prezzi sono variabili in base alla bellezza ed alla compattezza del fiore, alla presenza o meno di semi e al contenuto di CBD.
Realizzato dal team Light Italy in collaborazione con l’agronomo Paolo Castelli.
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