Dopo la sentenza della cassazione del 30 maggio tutta la stampa nazionale si è gettata a capofitto nel solito girone di disinformazione e titoli “acchiappa click”. Il risultato è stato la deformazione della realtà e dichiarare che la vendita della marijuana legale era stata dichiarata illegale ed invendibile.
Avevamo già detto che la sentenza era in realtà sibillina: la conclusione “salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante” apriva la strada a molte interpretazione che ad oggi (ancora aspettiamo le motivazioni) si possono riassumere nel fatto che tutto rimane come prima.
In realtà dopo le sue dichiarazione, il Ministro dell’Interno (che come ben sappiamo ritiene, in maniera pregiudiziale e falsa, che tutti i punti vendita di canapa light siano delle coperture per lo spaccio) aveva provveduto ad emanare una circolare che invitava le forze di polizia a censire tutti i commercianti di settore (assurdo in uno stato di diritto!) per effettuare controlli capillari.
Questa azione combinata ha portato alla sfiducia e alla protesta dei rivenditori, che terrorizzati dall’attività mediatica e del governo hanno rimosso le infiorescenze dalle vetrine.
In uno stato di diritto è assurdo che possano essere le forze di polizia a decidere arbitrariamente cosa fare, questo ha innescato la solita dinamica italiana dell’ingiustizia e dell’assenza di regole valide per tutti: alcuni “operatori zelanti” hanno ritenuto di doversi avventare sulle attività con sequestri preventivi e chiusura negozi. Sebbene in realtà questi “malcapitati” siano stati pochi, le notizie hanno percorso la penisola in un batter d’occhio.
Di poche ore fa le prime buone notizie: la sospensione dei domiciliari ad un commerciante che aveva subito il sequestro di un ingente quantitativo in magazzino. Questo, unito alle dichiarazione del Prefetto di Padova (vedi sotto) fa già ben sperare tutto il comparto.
«Sono controlli di routine per vedere che tipo di prodotti vengono venduti e se c’è qualcosa di strano. Nel caso si verifichi qualche anomalia, come succede per qualsiasi attività commerciale, si prendono dei provvedimenti»
Dichiarazione tratta da Padovaoggi
Il settore non è una copertura per lo spaccio e le analisi a campione sono, tutto sommato, accettate di buon grado da chi sa di essere nel giusto: vendendo infiorescenze con valori di THC inferiori allo 0,5% (che è il limite che la stessa Cassazione ha stabilito perché la canapa venga considerata una droga), i commerciati sanno di non correre rischi.
Con il passare dei giorni, la diffusione di informazioni più realistiche, la protesta generale dei gruppi regionali (segui l’hashtag #LaCanapaCiUnisce) e un confronto serrato tra gli operatori, ci si è resi conto che i controlli avvenivano su campionature senza la chiusura dei punti vendita.
Quello che li spaventa adesso è anche questo clima di criminalizzazione creato ad hoc che scoraggia i consumatori: per molti consumatori entrare nel negozio diventa difficile.
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